Articolo “Gesù nostro contemporaneo”

L’anima razionalistica dell’uomo, quella in apparenza più oggettiva, fruirebbe ben volentieri della categoria del tempo, della storia, per contestualizzare la venuta di Gesù duemila anni orsono,  contestualizzare Chi, per definizione, contingente non è, chi non passa perché al di fuori e al di sopra del tempo stesso. Verrebbe allora da chiedersi non già cosa la verità sia, così come, le Scritture ci tramandano, Ponzio Pilato ebbe paradossalmente a domandare al Salvatore, ma QUANDO la Verità è stata e se e in che termini sussista ancora oggi. In altre parole, Gesù è nostro  contemporaneo?
È questo il tema fondante, il filo conduttore dei numerosi contributi offerti da molteplici eminenti  relatori nell‟ambito del Convegno internazionale “Gesù nostro contemporaneo” per il Progetto culturale promosso dalla CEI e patrocinato da Roma Capitale, rassegna che ha visto, anche quest’anno, una nutrita partecipazione di entusiasti cattolici, sacerdoti e laici, giovani e meno giovani, provenienti da ogni diocesi italiana e giunti, dal 9 all’11 febbraio presso l’Auditorium della Conciliazione, l‟aula magna della LUMSA, e la Sala San Pio X di Roma, cui abbiamo presenziato anche noi giovani universitari della Cappella universitaria dell’Oasi Santa Bertilla in Treviso. Discorrere di contemporaneità di Cristo non è facile e tanto più non lo è in un‟epoca e in un contesto sociale come quello occidentale, in cui rischia di avere la meglio un vacuo secolarismo, per non dire prepotente giacobinismo. La questione va chiaramente analizzata partendo dalle considerazioni di carattere teologico, considerazioni offerte al convegno da vari esponenti del mondo cattolico.
Il Cardinale Camillo Ruini ha sottolineato come l‟obiettivo del convegno fosse duplice: da un lato l’analisi del Gesù di Nazareth vissuto duemila anni fa in Palestina e dall‟altra questo stesso Gesù, come colui che è vivo oggi, vive con noi e per noi e può dirsi perciò contemporaneo. Che cos’è la contemporaneità di Cristo? Questa è la domanda che ha colpito di più noi ragazzi approdati in questo convegno un po’ spaesati, ma anche un po‟ curiosi di capire la provocazione lanciata nel titolo. Un primo segno chiaro di cos‟è la contemporaneità di Cristo ci è stato offerto dal Cardinale
Joseph Zen Ze-kiun, Arcivescovo emerito di Hong Kong, il quale, raccontando la sua infanzia e la sua esperienza di professore e vescovo nelle avversità delle persecuzioni che da tempo affliggono i fratelli cristiani in Cina, ha chiarito come la fedeltà al gesto dell’Eucarestia sia il “modo concreto con cui si può avere la felicità”, evidenziando con la sua straordinaria testimonianza la contemporaneità e la forza del Vangelo. “Penso che il Signore da quando si è incarnato e ha assunto la nostra natura, rimane per sempre contemporaneo a noi. Noi siamo la sua bocca per parlare e le sue mani per lavorare. Gesù vive con noi. Ed è nostro contemporaneo per tutti i secoli. Gesù ha detto ai suoi: i poveri li avrete sempre con voi. Questo significa che egli è presente per noi in loro per sempre, per poterli amare e poter amare Lui in loro”, ha aggiunto il cardinale.
Nel convegno non sono mancate anche autorevoli voci del mondo accademico italiano quali, uno tra tutti Monsignor Pierangelo Sequeri. Questi ha sottolineato come la prossimità di Dio implichi ed esiga la prossimità e l’amore tra gli uomini: una convinzione che negli ultimi tempi si è dimostrata “storia efficace” anche al di là del cristianesimo, imponendosi ad altre religioni e culture almeno come riconoscimento teorico di un criterio superiore al quale dovrebbero essere improntati i rapporti reciproci. Tra le autorità ecclesiastiche ha partecipato anche il neo Arcivescovo di Milano, il Cardinale Angelo Scola, il quale ha rilevato che “annunciare Gesù come contemporaneo è affermare la possibilità di incontrarLo e di seguirLo qui ed ora”: ogni uomo deve prendere una posizione chiara rispetto al Fatto di Cristo. L’intervento del Professor Nicholas Thomas Wright è stato quanto mai interessante e provocatorio. Wright, Vescovo anglicano in comunione con la Chiesa Cattolica Romana ha, con efficacia, concretezza e semplicità, illustrato il significato della risurrezione di Gesù, ponendo particolare attenzione alla domanda che Gesù fece a Pietro “Mi ami tu?”. Gesù contemporaneo è “colui che asciuga le nostre lacrime, che risponde alle nostre domande difficili, ma che soprattutto ci invita a venire a Lui con umiltà e amore, l‟amore attraverso cui il potere della sua vita risorta, del suo essere pastore del gregge, può arrivare a operare di nuovo nel nostro tempo.” Nonostante alcuni interventi e prolusioni fossero di non immediata comprensione, poiché specifici per “addetti ai lavori”, abbiamo sperimentato come Cristo può avere un’incidenza sulla nostra vita, sullo studio e sul lavoro, cioè come può diventare nostro contemporaneo solo se lasciamo che Lui incida a tal punto da cambiare in meglio la quotidianità. Gesù è nostro contemporaneo e in quanto Signore, non delle masse e dei popoli, quanto dei singoli, conosce le realtà di vita di ognuno e può comprendere l‟uomo: seguire la sua crescita, sostenerlo nelle difficoltà, accoglierlo in un materno abbraccio. Solo così, compiendo realmente ciò che il nostro cuore desidera, potremmo dire come il Beato Giovanni Paolo II “Cristo centro della storia e del cosmo”.

Davide Bellacicco, Riccardo Marchiori